Non ci sono solo Lecce e Ostuni. La «terra fra due mari» si anima di tanti, incantevoli centri che «danzano» al ritmo della storia. Un tesoro da scoprire

«Il Seicento ha colorato di magia Nardò per rinnovare la dolcezza antica di una favola cominciata oltre un millennio avanti Cristo, quando i Messapi privilegiarono questa terra gonfia d’acqua e di vita», dice il sindaco, Marcello Risi.

Salento. La potenza barocca di Lecce e il candore semplice di Ostuni. Il ritmo travolgente della Taranta e il mare smeraldo di Santa Maria di Leuca. Punte di diamante di quel tacco d’Italia che divide due mari, due culture, due mondi. Ma c’è anche un Salento che non ti aspetti. Segreto, "minore". Perché riservato, fuori dai giri turistici più gettonati. Perché sorprende. Perché camminando fra strade che si colorano di sole, fra pezzi di terra squadrati dai caratteristici muri a secco, ci si ritrova in piazze e stradine che conquistano. Un set cinematografico. Di colori, di suoni, di visi.

Come quelli che ritrovi a Oria, la perla bianca adagiata sulle ultime propaggini delle Murge. Perdersi per i suoi vicoli, in un continuo saliscendi, di gradini, viuzze e cortili ha quasi del surreale. Case con le volte scolpite nella roccia e strade bianche, attorno alla cupola multicolore della cattedrale, faro di un percorso "alternativo". Case segnate dal tempo e tantissime altre sapientemente ristrutturate per una città del passato che guarda al futuro. Bambini con lo zaino in spalla fra nonne che si parlano in dialetto da una finestra e l’altra.

Scivolando verso Brindisi (dove si trova l’Aeroporto del Salento, con i voli di diverse compagnie, fra cui la low-cost Ryanair che effettua collegamenti con molte città italiane ed europee), si arriva a Mesagne.

Culla della civiltà messapica, della gente che vive fra due mari. Qui c’è il castello, che ospita il pregevole museo civico archeologico «Ugo Granafei» dedicato a questa importante civiltà. Mesagne è anche la capitale del carciofo brindisino Igp, e su questo ruota una fetta importante dell’economia della zona, con aziende agricole e agroalimentari che esportano in tutta Italia e nel mondo. La tradizione contadina e quella culturale, dunque.

Ma spostandosi di pochi chilometri, c’è un microcosmo straordinario: la Grecìa Salentina, un’«isola» di cultura e di storia che resiste in alcuni comuni, fra cui Calimera che ne ha raccolto le testimonianze in un casa-museo. Qui i giovani, a scuola, studiano il griko (un dialetto molto simile al greco, con un’impronta bizantina). Un legame quello con l’antica Ellade, che non è frutto di conquiste.

Ma ancora una volta di fraternità, di accoglienza: l’ospitalità offerta dagli autoctoni a chi era costretto a fuggire dalla propria patria.

Ci spostiamo a Nardò: la meta è piazza Salandra, un teatro barocco con affacci che si fanno ammirare. Da qui partono tutti i vicoli che portano alla cattedrale normanna. «Il Seicento ha colorato di magia Nardò per rinnovare la dolcezza antica di una favola cominciata oltre un millennio avanti Cristo, quando i Messapi privilegiarono questa terra gonfia d’acqua e di vita», dice il sindaco, Marcello Risi.

Dal centro al mare. Una costa di venti chilometri, ritagliata fra porti, anfratti, pinete, dune e torri d’avvistamento. Ed eccoci a Portoselvaggio, sul mar Jonio, in un bellissimo parco che profuma di pino e di mare, si colora di verde e d’azzurro.

Da contemplare da una spettacolare "spiaggia" di pietra bianca. Di fronte all’ingresso di questa incantevole oasi naturale, si trova Villa Tafuri, che durante gli anni 1945-47 fu sede dell’Unrra, l’amministrazione dell’Onu per l’assistenza ai profughi. Una «vocazione» per questa terra, naturale crocevia di popoli.

A Santa Maria al Bagno, si può così visitare il museo della Memoria e dell’Accoglienza: qui visse una comunità ebraica, che dopo la Seconda Guerra Mondiale venne ospitata dalla Forze Alleate prima di raggiungere Israele.

Sulla costa adriatica ci si può lasciare guidare invece dall’Associazione degli operatori turistici di Vignacastrisi che tutti i sabato effettua escursioni tra muretti a secco e ulivi selvatici a piedi o in bicicletta lungo i sentieri di campagna che portano a Castro. A pochi chilometri, la Grotta Zinzulusa, una cavità naturale abitata sin dalla Preistoria e di grande interesse naturalistico e geologico. Un percorso nella «terra» a cui si arriva dal mare.

E che mare... «Abbiamo delle risorse straordinarie che dobbiamo imparare a valorizzare», ammette il sindaco di Castro, Alfonso Capraro, parlando agli operatori turistici della zona. «Siamo fuori dai circuiti di massa. E questa può essere la nostra forza. Ma dobbiamo fare di più per farci conoscere e apprezzare».

Il Salento nascosto. Un borgo medievale che la sera si trasforma in un autentico presepe: il castello, la chiesa bizantina e romanica e le antiche megalitiche mura messapiche. La piazza principale è una terrazza sul mondo, fra terra e mare. Una rosa dei venti sotto i piedi. Sulla parete di un palazzo, fra ceramiche colorate, una frase che ricorda lo spirito del gabbiano Jonathan, come dei grandi viaggiatori e naviganti: «Il vento danza e unisce… Seguirlo ad occhi chiusi è volare… E solo chi è capace di un volo… è davvero pronto per un viaggio». I gabbiani sono all’orizzonte. Il vento attraversa la piazza.

Il viaggio può ricominciare. Nel Salento dei messapi. Gente fra due mari.

Giuseppe Matarazzo

(Avvenire, Sabato 30 marzo 2013)