In una intervista rilasciata a Vita, Stefano Zamagni anticipa le principali novità sul nuovo 5x1000

LECCE – Il CSV Salento a proposito delle paventate modifiche alle norme che regolano il x1000, riporta la seguente nota con l’autorevole intervento del prof. Stefano Zamagni.

Dovremmo esserci: la nuova riforma del Terzo Settore, prevede, tra le altre innovazioni, delle importanti innovazioni nel cinque per mille. Non si parla solo della stabilizzazione e dell'incremento dei fondi che passando da 400 a 500 milioni di euro di fatto riportano al 5 per mille vero, senza alcuna decurtazione, ma anche di nuove regole e tutte positive. Per esempio ci saranno meno beneficiari ma saranno, o almeno ci si augura che siano, "veritieri", e non odv o onlus create ad hoc che nascondono grosse aziende alle spalle, soprattutto ci sarà un'effettiva trasparenza.

Lo spiega in un'intervista a Vita.it il professore Stefano Zamagni che lavorò, in qualità di presidente dell'Agenzia del Terzo Settore, poi abolita, proprio su quelle regole che sono contenute nella nuova riforma e che verranno declinate in maniera più chiara entro la fine del 2014.

«Chi attinge fondi dal 5 per mille deve ricordare che si tratta di fondi pubblici, ed è obbligatorio rendicontarne l'utilizzo», argomenta Zamagni, «ma non in modo solo formale, come è stato fin qui: il cambio di passo è dato dall'introduzione di un rendiconto sostanziale: si dovrà dimostrare che le spese rese possibili dal 5 per mille sono state coerenti con il fine sociale dell'ente». Se, per esempio, finora bastava produrre la ricevuta dei costi sostenuti – poniamo – per organizzare una festa di beneficenza, d'ora in poi sarà necessario anche far capire, attraverso criteri e misurazioni ancora da stabilire, che quella festa ha effettivamente contribuito alla realizzazione della mission sociale dell'associazione.

La riduzione della platea dei beneficiari (“assolutamente necessaria”, secondo Zamagni), altro punto cardine del documento dell'Agenzia, deriverà poi da una revisione dei criteri di ammissibilità, oggi ridotti in pratica a uno: non avere fini di lucro. Questo, secondo il professore, «non è ammissibile, perché ha aperto le porte del 5 per mille anche a circoli tennistici o club nautici che, pur non avendo finalità di lucro, non producono alcun tipo di valore sociale ma anzi si rivolgono esclusivamente ai soci o iscritti. Per ricevere il contributo, invece, bisognerà rispondere a criteri di misurabilità dell'utilità sociale prodotta».

Quali criteri? «Bisognerà discuterne. Io qualche proposta ce l'avrei». Ma al di là delle specifiche tecniche, una barriera al dilagare dei beneficiari pare proprio che sarà introdotta, anche per evitare che i numeri degli aventi diritto lievitino ulteriormente (nel 2012 gli ammessi nell'elenco del volontariato erano oltre 34mila contro i 22mila del 2006), rendendo tra le altre cose più lenta e farraginosa la macchina dei pagamenti.

Infine, sono in arrivo novità anche sulla vexata quaestio della concentrazione dei fondi in mano a poche, grandi realtà associative, che ha portato negli ultimi anni ben l'85% delle risorse nelle casse di una decina di soggetti, sempre gli stessi, del tutto meritori ma con capacità organizzative e finanziarie incomparabilmente maggiori di altri. «Si tratta di un effetto perverso del 5 per mille che bisogna correggere», sostiene Zamagni, «e credo che la riforma Renzi affronterà il problema nei due soli modi possibili: creando un fondo di perequazione e stabilendo una soglia di contributo al di sotto della quale si ha diritto a ricevere un'integrazione proporzionale della quota. Certo magari togliendo dagli aventi diritto al 5 per mille, gli enti c, e sono tanti, che non raccolgono neppure una firma e perciò neppure un euro».

In parole semplici, si tratterebbe di far confluire il 10-15% della somma totale destinata dagli italiani in un fondo riservato (nel caso di un tetto a 500 milioni si parlerebbe di una quota variabile tra i 50 e i 75 milioni), da ridistribuire poi agli enti che hanno ricevuto meno di una certa cifra (100 euro, per esempio), in proporzione alle scelte ricevute. «Mi auguro che tutto questo si realizzi presto a livello legislativo e di decreti attuativi», conclude Stefano Zamagni, «ma una cosa lasciatemela dire: senza la creazione di un'autorità terza e indipendente che vigili sulla corretta applicazione di queste norme, sarà un lavoro inutile. Conosco bene il mondo del non profit, e so che i tempi e i modi della giustizia ordinaria non spaventano i disonesti: serve un potere agile e competente che intervenga subito dove serve, per evitare che i soliti, pochi furbi danneggino i tanti onesti».

Sandrino F.sco Ratta