Il Vice Questore, Dirigente del Commissariato di Nardò, Dott. Pantaleo Nicolì, risponde alle domande dei ragazzi della Scuola Media “Dag Hammarskjold”, impegnati nel modulo formativo PON, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, dal titolo “Il giornalista tecnologico”.
NARDO' (Lecce) - Il Vice Questore, Dirigente del Commissariato di Nardò, Dott. Pantaleo Nicolì, risponde alle domande dei ragazzi della Scuola Media “Dag Hammarskjold”, impegnati nel modulo formativo PON, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, dal titolo “Il giornalista tecnologico”.
D.: Dott. Nicolì, che idea si è fatto della nostra città e, da un punto di vista della criminalità, che quadro ci può fornire di Nardò?
La mia esperienza a Nardò ha preso le mosse circa due anni fa. Questa è una città con tante sfaccettature e sorprendentemente vivace dal punto di vista culturale. Mi ha colpito la pluralità dell’associazionismo, che è quasi una peculiarità di questa città e che io registro come un fatto positivo perché, quando la gente si associa per condividere delle idee, vuol dire che vi è un terreno fervido, ricco di stimoli culturali. Nardò è una città molto accogliente ed evidenzia delle problematiche legate soprattutto all’occupazione; problemi, ahimè, comuni anche ad altre realtà del nostro Salento. Però questa città ha un suo strato di attivismo, penso ad esempio ai comparti dell’artigianato e della piccola industria. Per quanto riguarda invece la criminalità, Nardò ha vissuto, in passato, degli anni sicuramente bui e certamente molte risposte sono state date. In quest’ultimo tempo si è diffusa una micro-criminalità legata al disagio sociale: lo stiamo vedendo anche a livello provinciale con una diffusione dei reati predatori legati a piccole bande. Noi registriamo anche fenomeni legati al disagio economico, che allarmano. Non è difficile infatti trovare addirittura delle casalinghe sorprese a rubare al supermercato. Quest’ultimo è anche il sintomo, evidente, di un grave disagio.
D.: Se potesse che cosa chiederebbe in termini di strumenti o risorse per contrastare chi delinque?
A me non piace parlare di quello che manca, anzi preferirei parlare di quello che ho. Teoricamente a Nardò avere una sola “volante”che esce per controllare un territorio vastissimo è cosa complessa. Vorrei averne due per controllare meglio il territorio. Più uomini ci sono in strada più calano i reati. In questo momento storico però bisogna puntare soprattutto sulle cose fattibili. Occorre una politica realistica, fatta di piccoli passi, coinvolgendo la gente comune nelle attività che svolgiamo. E’ importante coinvolgere le persone perché sono sicuro che esiste una sicurezza diffusa che non è fatta solo dall’operatore in divisa ma è fatta anche dai cittadini. Quando, ad esempio, noi riusciamo ad avere determinate informazioni, riusciamo ad operare meglio. E Nardò ha bisogno di crescere sotto questo aspetto. Un maggiore rapporto tra cittadini e forze dell’ordine credo che sia fondamentale in tal senso.
D.: Quali strategie adottate per poter contrastare in maniera efficace la delinquenza?
Dividerei le strategie in due macro-settori: un settore è quello della prevenzione e l’altro settore, strategico, è quello della repressione. Prevenire significa far si che qualcosa non accada. Più è efficace la prevenzione, più calano i reati. Ecco perché è importante la presenza degli uomini in divisa sul territorio. La repressione scatta quando un reato è stato consumato e noi riusciamo a scoprire l’autore del reato. E’ importante sapere che tutti e due i settori vanno di pari passo, cioè se funziona la prevenzione, i reati calano.
D.: Vista anche la sproporzione di mezzi e risorse tra la criminalità organizzata e le forze dell’ordine, non Le capita mai di pensare che sia una battaglia persa in partenza?
Mai. Io non parlerei di sproporzione e non sarei così pessimista. Io credo nella sicurezza partecipata. E’ vero che, con gli ultimi pensionamenti, gli organici sono calati. Però ritengo che, innanzitutto, ci sono varie strategie per migliorare. Una è quella di avere il sostegno delle persone che ci sono affianco. Quando gli agenti escono con una volante, non si sentono da soli ma hanno il sostegno di tutta la città. Certo è una battaglia difficile, sappiamo di fare un lavoro difficoltoso, lo sapevamo dall’inizio da quando lo abbiamo scelto. A volte penso che avrei potuto fare l’avvocato o un altro mestiere, più tranquillo, per così dire. Mia madre però mi diceva sempre che io, da piccolo, cantavo la canzone di Vasco Rossi “voglio una vita spericolata”. Penso di aver tenuto fede a quel pensiero. E non ci siamo mai pentiti del nostro ruolo, fiduciosi che si possa cambiare sempre. Stiamo conducendo una guerra che è fatta di tante battaglie, alcune si vincono, altre si perdono.
D.: La mafia è stata debellata o bisogna sempre tenere alta la guardia? E come si sconfigge, a suo avviso, il fenomeno mafia?
Alcuni hanno visto giusto quando hanno paragonato la mafia a un cancro. Nel Salento è stata condotta una battaglia, credo, senza eguali. Noi non lo pensiamo come un fenomeno che può condizionare la nostra vita. Ma è così. Per questa ragione non bisogna mai abbassare la guardia, perché essendo un cancro, occorre sempre esercitare un controllo attento e “tenere viva” la cura. Contro la mafia si è fatto molto ed il Salento ha risposto. La ricetta per sconfiggere la mafia è proprio nel coinvolgimento delle persone. Non si sono ribellati alla mafia soltanto cittadini o magistrati, ma si è ribellata tutta la comunità. Il Salento, ritengo che non sia diventata una terra di mafia perché è un territorio con gli anticorpi giusti.
D.: Qual è, a suo avviso, il ruolo che deve avere la Polizia oggi?
Oggi siamo passati da una polizia intesa in senso “tradizionale” e vista come una polizia repressiva ad una polizia di prossimità. E questo si percepisce molto, proprio svolgendo questo ruolo all’ interno di un commissariato. Questo è il bello di questo mestiere, in cui ci si può trovare in situazioni sempre nuove: dalla rapina in banca ad interventi che riguardano le famiglie o soggetti in difficoltà. Una cosa che mi preoccupa molto è questa tendenza ai tentativi di suicidio. La polizia in senso moderno è chiamata a dare decine di risposte, sul mio tavolo arrivano esposti di ogni genere. Ci sono determinate realtà e situazioni di disagio con cui noi veniamo in contatto e su cui ci si interroga, e che ci fanno riscoprire giornalmente il nostro ruolo.
D.: Qual è, a suo avviso, il ruolo che deve recitare la scuola?
Condivido le argomentazioni addotte dal dirigente di questa scuola media, prof. Angelo Losavio, secondo il quale è necessario insistere sulla prevenzione e conseguentemente sull’educazione alla legalità. Infatti credo fermamente nella prevenzione remota, ossia in quell’opera di attività capillare svolta nella società da parte delle agenzie educative: scuola, famiglia, parrocchie e associazioni sportive. Una volta tra il delinquente e la persona onesta c’era tutta questa barriera. Questo lavoro svolto dalle agenzie educative è vitale. Come docenti e responsabili di istituto voi vivete in prima persona la disgregazione delle famiglie e vi adoperate per contrastarla. Il ruolo che la scuola svolge è fondamentale. La scuola è come quel mediano che impedisce con un lavoro oscuro che l’avversario ci venga addosso.
L’uso di sostanze stupefacenti e alcool è molto diffuso purtroppo tra gli adolescenti. Come pensate di contrastarne la diffusione anche nella nostra città?
Le metterei in ordine di importanza. Prima l’alcool e poi la droga. Perché l’abuso di alcool è la vera emergenza attuale, molto più delle sostanze stupefacenti. Per tante ragioni. L’alcool, come evidenziano tanti ingannevoli spot pubblicitari, è più socialmente accettabile. Ci vogliono far passare un’immagine distorta in cui il ragazzino con la bottiglia in mano, che consuma cioè alcool, è un tipo tosto. In realtà i danni prodotti dall’alcool sono gravissimi. Non lo dico io ma chi studia questi fenomeni Io sono in contatto con i responsabili del sert, che sono i centri dove si cerca di fronteggiare gli abusi di alcool che costituiscono la vera emergenza. Per quanto riguarda la droga occorre essere chiari, al di là di ogni mistificazione. La droga continua a diffondersi e bisogna prestare estrema attenzione. L’attività di contrasto in questo caso non è stata sufficiente e c’è bisogno di incidere in maniera più netta, perché vi assicuro che vedere tanti ragazzi “sballati”, soprattutto tra i giovanissimi è una scena molto triste. Non posso, al termine di questo incontro, non ringraziare il dirigente scolastico, Angelo Losavio, per le iniziative poste in essere e finalizzate a formare la coscienza delle giovani generazioni al rispetto delle regole e, conseguentemente alla legalità. Un esercizio che si traduce, in estrema sintesi, in una cittadinanza attiva, consapevole e responsabile.
Marco Marinaci (Docente Esperto, Giornalista)
Chiara Carafa e Aurora Polo (I B)
Marzia Nestola, Federica Filoni e Aurora Villani (III B)
Gabriele Carafa (II A)
Ilaria Di Gesù (I F)