LECCE - Un progetto multimediale e multidisciplinare, che, attraverso immagini, interviste e suoni racconterà il cibo italiano, quale minimo comune denominatore di storie, ricette, persone.
Artusi Remix è un progetto che unisce una ricerca sui saperi antichi del cibo e l’uso delle nuove tecnologie media.
Il documentario è il frutto di un viaggio nei quartieri popolari delle città italiane, come anche nelle campagne e nei porti dei piccoli paesini della penisola, alla ricerca di persone che raccontino la cucina italiana come metafora dei mutamenti del paese.
L’intero documentario è mixato in diretta sia da un punto di vista visivo che sonoro ed è commentato da donpasta, indaffarato tra sampling e fornelli..
Le immagini del Vj sono proiettate su muri attraverso un videoproiettore.
Il cibo è un concentrato di memoria, salvaguardia di un patrimonio, rappresentazioni simboliche, prisma perfetto attraverso cui osservare e raccontare i mutamenti del mondo. Perchè raccontare una ricetta significa raccontare la storia di chi la racconta.
Come si può raccontare la cucina italiana?
Il cibo è un linguaggio, è lo strumento attraverso cui si tramanda una storia, familiare, paesana, collettiva.
E’ nell’appartenenza che si gioca il rimando tra la cucina e lo stare al mondo di ogni italiano.
L’educazione culinaria di ognuno, a prescindere dalle classi sociali, parte dalla saggezza delle pratiche popolari in cucina, dall’equilibrio della dieta, dall’immaginario a tratti mitologico delle ricette, dal tramandarsi di saperi secolari, dal gioco della discordia tra pianerottoli, famiglie, villaggi contigui.
E’ un viaggio nel suo essere ancorata ai suoi mille territori.
Sono equilibri intergenerazionali che si mettono in atto nella narrazione.
Raccontare una ricetta significa raccontare la storia di chi la racconta.
In un paese fragile e sgretolato raccontare la cucina italiana del nuovo millennio significa andare a capire cosa sia cambiato nella cucina tradizionale, nella sua geografia, nelle sue testimonianze.
Partire dall’Artusi significa fare una fotografia non solo della cucina Italiana, ma dell’Italia stessa. Significa provare nel modo più esaustivo possibile di mostrarne le complessità, le particolarità locali, la cultura secolare che c’è dietro ogni ricetta tradizionale.
Significa, quindi, verificare a più di un secolo di distanza dall’uscita dell’Artusi, come sia cambiata l’Italia nel frattempo.
Per raccontare l’Artusi nel nuovo millennio è indispensabile raccontare l’Italia del nuovo millennio: il precariato e la disoccupazione, le migrazioni in entrata e uscita, il fallimento delle utopie, i conflitti generazionali.
Questo perché attraverso la cucina tutto ciò diventa tela di fondo e strumento di ricostruzione di una nuova identità italiana. Sapere cosa si sia conservato, cosa sia in mutamento, cosa si sia smarrito per sempre.
Così come nei millenni il carciofo alla giudìa, ebraico, è diventato il piatto tradizionale per eccellenza della cucina romana, così adesso le nuove leve dell’alta cucina, i nuovi arrivi migranti, i contadini anarchici nelle campagne, ritessono paradossalmente quel tessuto cancellato dalla modernità tra città e campagna, tra passato e futuro, che sono l’ossatura della cucina italiana e di ogni cucina tradizionale.
Capirne le tracce affettive ed emozionali in ognuno, lo smarrimento, l’ancorarsi a ciò che c’è sempre stato, lo sperimentarne la sua trasformazione in qualcosa di nuovo.
Questo è a nostro avviso un lavoro sulla Cucina Italiana nel Nuovo Millennio.
Sandrino F.sco Ratta