CAVALLINO - Prima del debutto romano, ritorna in scena presso il Teatro Il Ducale di Cavallino, “Caligola” di Albert Camus, nell'allestimento della Compagnia Salvatore Della Villa. Appuntamento il 29 gennaio (sipario ore 20.30) per la Stagione Teatrale 2015.16 organizzata dal Comune di Cavallino, per uno dei testi più importanti della storia del teatro, un’opera di epica grandezza, una produzione complessa e impegnativa per la compagnia teatrale di Salvatore Della Villa.
Caligola è la tragedia dell’uomo che si ripete nel tempo. L’imperatore della dinastia Giulio – Claudia che, dopo la morte di Drusilla, sorella e amante allo stesso tempo, ritorna ai suoi doveri di principe, favorendo e gestendo un governo, non equilibrato e fondato sul consenso del senato e dell’opinione pubblica ma, caratterizzato da un’esasperata autocrazia. Nulla poteva avere più senso dopo quella morte, dopo l’abbandono prematuro della sua amata, grazie alla quale poteva sottrarsi ‘ai clamori del mondo e all’infernale tormento dell’odio’.
Tutto ciò che gli resta adesso è il futile potere che segnerà il suo destino. Conosce così il sentimento dell’orrore e dell’inerzia di vivere. E della spietatezza. Coltiva il culto imperiale in maniera maniacale, inasprendo i rapporti con le altre classi aristocratiche da lui stesso disprezzate, le quali però saranno le artefici della sua morte.
Caligola è l’uomo allo specchio, spogliato di tutti i valori, in contrasto con la sua stessa vita. Supera i limiti di se stesso per ricercare il senso della sua esistenza. Consapevole d’esser colpevole, consapevole di quel disprezzo con cui ha alimentato il suo governo, organizza e attua lo spettacolo vivente delle sue pene amare.
Caligola di Albert Camus presenta sulla scena l’imperatore al culmine di un dolore straziante. Caligola è disperato per la morte della sua amata Drusilla, non può più vivere così «a mani vuote, mentre prima stringeva l’intera speranza del mondo».
È fuggito via nella tempesta, come una bestia ferita. Un’assenza di tre giorni.
Il ritorno a corte non è un ritorno al comando, ma il rinvenimento di una coscienza. Nel palazzo è tutto eccessivamente determinante: il Tesoro, le finanze, le spese militari, le leggi agrarie… I senatori lo attendono per questo.
E il suo dolore? E l’armonia del mondo? E l’arte della vita? E la ricerca di una ‘nobile’ felicità? Caligola si rende conto che sulla Terra l’amore non risponde all’amore e gli uomini non sono felici. La sua prospettiva di un universo giusto per tutti era soltanto una ridicola illusione, e gli è stata strappata via insieme a Drusilla.
Sconvolto ma lucido, l’imperatore riprende in mano il governo. Unica intenzione è agire secondo le reali leggi del mondo: la nuda verità della storia, la nuda necessità della politica. Così coniuga l’inesorabile logica dell’universo con l’eccezionalità del proprio ruolo e la strategia si fa raffinatissima: «Ho deciso di essere logico. Vedrete quanto vi costerà questa logica. Eliminerò chi mi contraddice e anche le contraddizioni».
La perdita di Drusilla, sua lente d’amore sulla realtà, gli ha rivelato un’ulteriore perdita, la speranza nella vita, sicché l’imperatore diventa tanto più mostruoso quanto più pervicacemente riproduce i duri meccanismi dell’universo – l’incomprensibile sofferenza umana, il crollo delle illusioni, la brutalità della morte.
Spietati e indecifrabili gli dei, spietato e indecifrabile Caligola. È una sfida col divino il suo delirio di gesti insani e violenti. Una smania di libertà assoluta ogni sua forma di abuso. Ebbro di una libertà senza limiti, tende le mani all’impero dell’impossibile: «Quello che oggi desidero più di tutte le mie forze è più in alto degli dei. Io mi carico di un regno di cui l’impossibile è re». Pretendere l’assurdo diventa un’ossessione, fino a chiedere a Elicone di portargli la luna.
L’energia di Caligola è innanzitutto potenza immaginifica della mente. Il suo potere asseconda l’immaginazione e si esalta nell’eloquenza. Identica crudeltà nel vigore infiammato della sua parola: eadem factorum dictorumque saevitia, gli attribuiva Svetonio.
Stretto è il rapporto tra poesia e follia. Prima che sui crimini Caligola ‘regna’ sui suoi discorsi, vividi e assoluti. Flussi e riflussi in un moto perpetuo, creazioni sublimi davanti a uno specchio legittimante.
Nella rappresentazione di Salvatore Della Villa la follia di Caligola è austera, mai dissociata o isterica. In scena un delirio senza furia o esplosione di gesti, reso unicamente attraverso la grande forza espressiva del testo. L’interpretazione rigorosa e asciutta della scrittura teatrale di Camus è l’humus generativa delle fitte tonalità emotive del personaggio, instabile ed estremo eppure lucidamente connesso alla realtà.
La vis poetica, teatralizzata ad arte, stempera la ferocia dei fatti, accordando una certa naturalezza all’artefice delle peggiori violenze. E l’azione prende corpo da un eloquio potente, fondamentalmente solipsistico anche quando l’imperatore dialoga con Cesonia o con i senatori. La più brutale delle macchinazioni ha sempre, infatti, una maggiore origine: un superiore archetipico piano di coerenza poetica pura. Ab origine, dunque, non c’è limite alla crudeltà. Ogni atto, ogni assurdo diventa possibile, che sia blandito o disonorato dalle parole.
Miriam Ratta