- Creato 17 Marzo 2019
LETTERA APERTA DELLE COORDINATRICI NAZIONALI DOCENTI DELLA RETE GNE AI MEDIA
Giuditta Iantaffi e Ilaria Romano, coordinatrici nazionali della Rete Docenti Giornalisti Nell'Erba e delegate Formazione & Educazione, scrivono una lettera aperta ai media italiani a proposito di video e articoli apparsi a seguito del ClimateStrike del 15 marzo.
Ecco il testo.
'In qualità di insegnanti ringraziamo sentitamente il Messaggero e gli altri media che hanno ripreso il suo video, per aver messo in evidenza i nostri giovani, i nostri alunni, nel modo peggiore.
Ieri ragazzi di ogni età hanno protestato in massa in tutto il mondo per richiamare l'attenzione sul problema dei cambiamenti climatici e per chiedere semplicemente di poter avere un futuro. Sono riusciti finalmente, dopo anni di indottrinamento e di annebbiamento da media, a dissentire, a protestare, a porsi domande, a mettere in discussione le autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Sono stati, come disse Bertrand Russel, il peso che inclina il piano. E forse questo piano lo hanno inclinato veramente, Greta e questi ragazzi: hanno fatto esplodere una verità, che tutti conosciamo, ma che nessuno vuole riconoscere.
Sono stati accusati di essere comunisti, 'sempre i soliti'.
Perché?
Questi ragazzi non chiedono l'abolizione della proprietà privata, chiedono solo un'economia sostenibile dove ogni azienda metta in moto un circolo virtuoso per un minore impatto ambientale, dove la finanza investa nel futuro e non nel fossile.
Sono stati accusati di essere ignoranti.
Perché?
Perché i nati dal 1999 in poi non sanno la definizione scientifica del buco dell'ozono, uno dei pochi problemi affrontati e praticamente risolti con il Protocollo di Montreal firmato nel 1987 ed entrato in vigore nel 1989?
E poi siamo sicuri che quei pochi ragazzi scelti dal Messaggero siano la reale fotografia dei giovani che erano ieri nelle piazze? Siamo sicuri che siano gli sciocchi 'radical chic buonisti' descritti da Il Tempo? Poco importa che Il Messaggero abbia in un primo tempo rimosso il video (era un tale scempio della parola stessa 'giornalismo' che forse in redazione qualcuno ci aveva ripensato? No, ecco che è ricomparso). Quello stesso video è stato ripreso da tantissime testate, c'è chi l'ha riassunto per iscritto, l'hanno cavalcato, l'hanno utilizzato per umiliare i giovani e mortificarli, per attaccarli, per farli tacere e farli 'tornare al loro smartphone' da 'figli di papà'.
Sicuramente se oggi i ragazzi hanno conoscenze su cambiamento climatico e sviluppo sostenibile non lo devono ai media.
Noi docenti della Rete gNe (giornalisti Nell'erba) insegniamo da anni e abbiamo sempre fatto lezioni ai nostri alunni sull'attualità provando ad utilizzare anche le maggiori testate giornalistiche. Beh, ci dispiace dirlo, cari signori, ma su questi temi scottanti e fondamentali abbiamo trovato ben poco. Le notizie vere le abbiamo sempre trovate su testate specialistiche che magari hanno poca tiratura, ma grandi competenze. Una domanda la rivolgiamo proprio a voi: quanti erano a seguire le ultime Conferenze mondiali sul clima? Quanti a COP21, COP22, COP23 e a dicembre scorso a COP24? A noi risulta che ad esempio a COP24 solo una testata italiana sia stata presente fino all'ultimo, solo una ha fatto un'analisi precisa - documenti alla mano - dei risultati, del cosiddetto rulebook, ed è email= Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. " target="_blank" style="text-decoration-line:underline;color:rgb(0, 0, 255)">giornalistinellerba.it. Ci piacerebbe sbagliarci. Ci farebbe davvero piacere se poteste smentirci.
Neppure a scuola se ne parla. Eh sì, perché l'argomento sostenibilità e scienza sul clima sono ancora oggi, nonostante le Nuove Indicazioni del MIUR del 2017 e l'Agenda 2030, argomenti di nicchia, tanto che nelle stesse scuole non è fondamentale o obbligatorio. Per molti docenti viene prima il programma, le verifiche, la storia antica che dovrebbe insegnare a capire l'attualità, se di attualità a scuola si riuscisse a parlare.
La scuola stessa ormai, presa da ansia da prestazione, da prove Invalsi, PTOF, RAV e tanta altra burocrazia, non riesce più ad occuparsi dell'alunno come individuo, non riesce più a prendersi cura, come diceva Don Milani, delle giovani menti, non riesce più a fornire una cultura che renda critici e quindi liberi i futuri cittadini. Leonardo, 23 anni, intervistato a Buongiorno Regione Lazio a Rai3, l'ha detto: 'Si tratta per lo più di autoformazione'.
Siamo sicuri che tutto questo sia solo un caso?
Crediamo fermamente nei giovani, sappiamo che possono e potranno fare molto e siamo sicuri che, buco dell'ozono o no, vadano rispettati per quello che hanno fatto e, statene certi, per quello che continueranno a fare.
Oltre a quelli intervistati da voi, ci sono tantissimi giovani che da tempo studiano, leggono anche oltre la scuola. Giovani colti e critici che si sono messi in gioco e tra un compito in classe e un'interrogazione sono riusciti ad organizzarsi, scrivere, creare cartelloni, cori e quant'altro per manifestare il 15 marzo. Alcuni hanno dovuto prendere anche delle note scolastiche, ma non hanno vacillato, sono stati fermi, determinati nella loro decisione di partecipare ad una protesta, una battaglia che non possono perdere!
Il potere - soprattutto quello dell'informazione - va esercitato con responsabilità.
A nostro parere l'intervista del Messaggero ai manifestanti del 15 marzo, oltre che tendenziosa, è anche un cattivo esempio di esercizio del potere adulto. Aver mitizzato l'esperienza del '68 e sbeffeggiare oggi dei giovani che hanno individuato una ragione per cui lottare è un comportamento poco responsabile. Sarebbe forse preferibile una generazione muta e rassegnata di bamboccioni?
Sono stati tanto criticati, ma adesso sembra che questa nuova veste di 'giovani in rivolta' abbia scatenato una critica ancora più accanita.
Obliterare le lotte altrui non offre un contributo al progresso della comunità nel suo insieme. Specialmente quando, come nel caso del video del Messaggero, chi lotta è ridicolizzato attraverso messa in evidenza di quella porzione di manifestanti (presente in ogni manifestazione) che non è pienamente al corrente delle ragioni della protesta, o magari non le sa articolare.
Senza volersi soffermare sul fatto che il 'buco dell'ozono' (forse meglio dire 'nell'ozono', ma non stiamo a sottilizzare) è l'esempio di un problema in parte risolto, proprio perché anni fa sensibilizzare al problema su scala mondiale ha spinto gli Stati ad adottare misure che ne hanno ridotto le cause, riteniamo che sarebbe stato più utile interrogarsi sul perché alcuni giovani siano poco preparati sui problemi ambientali mentre gli altri ne sono al corrente grazie a un'attività di autoformazione.
Forse, per contestualizzare, si sarebbe potuto parlare anche di come alcuni addetti ai lavori non trasmettono informazioni e conoscenze aggiornate, magari perché a un certo punto della vita viene naturale contare sul sapere già acquisito e fa fatica tenere il ritmo dell'apprendimento continuo.
Si sarebbe anche potuto parlare dei tanti adulti (e ce ne sono tra i nostri colleghi, sia insegnanti che giornalisti che genitori) che hanno intelligentemente colto l'occasione del 15 marzo per aggiornarsi in materia di cambiamenti climatici, spesso proprio attraverso gli interventi dei giovani che hanno fatto opera di sensibilizzazione e informazione nelle scuole e in famiglia oltre che nelle piazze.
Non di sola protesta si tratta, infatti: lo sciopero per il clima ha anche avuto la funzione di fare informazione e di spingere alla conoscenza e all'approfondimento. È stato, quindi, doppiamente buono.
Si sarebbe dovuto parlare dei molti giovani consapevoli e informati e delle preoccupazioni che li spingono a protestare per una causa che non è 'dei giovani' ma riguarda tutti; solo che i giovani, che con le conseguenze dei cambiamenti climatici dovranno fare i conti in futuro, oggi non sono abilitati a prendere decisioni per prevenirle.
Tutti sprovveduti i giovani non sono. Pensiamo proprio che le risposte per il video siano state selezionati ad hoc per una campagna mediatica distruttiva del movimento dei ragazzi. Greta fa paura, ha confessato a suo modo Rita Pavone. Ecco, appunto: fanno paura, probabilmente.
Ecco tre voci. Diverse. Ne abbiamo moltissime altre, e la competenza non manca, tutte sentite e registrate ieri. Se le volete, sono tutte disponibili.
Giulia, 15 anni: 'Oggi mi rivolgo a tutti per dire che noi giovani siamo stanchi. Stanchi di sentire i politici parlare di ambiente e di sostenibilità in modo inappropriato e solo per gettare fumo agli occhi. Stanchi di essere considerati ragazzini ignoranti; stanchi di coloro che pensano che lo sciopero di oggi sia una perdita di tempo; di sentirci dire che basta un progetto scolastico sulla differenziata per risolvere il problema; Stanchi di vedere energie e risorse sprecate per inefficienza; di assistere ad una crescita economica che ci sta distruggendo; Stanchi di COP costose ed inconcludenti, stanchi di veder morire bambini e ragazzi perche' il governo ha chiuso gli occhi con la mafia, di vedere politici indifferenti alle potenzialita' di un'economia circolare. Stanchi di assistere a tutto questo in silenzio. Noi sappiamo che adesso è urgente agire e lo stiamo facendo. Ora tocca a voi. Il vostro futuro lo avete avuto. Avete il dovere morale di lasciarne uno anche a noi'.
Chiara ed Elisa, 12 anni: 'Quest'anno, mentre a scuola facevamo educazione alla sostenibilità, siamo rimaste molto colpite da un articolo scritto da Ivan Manzo che citava: l' inquinamento atmosferico non è solo un danno per la salute ma incide sulle capacità cognitive e influisce anche sulla felicità rendendoci tristi e scontrosi. Anche sulla felicità? Dai risultati della ricerca dell'università di Hong Kong, in Cina l'inquinamento non solo sta portando alla morte prematura piú di un milione di persone ogni anno, ma sta condizionando i livelli di felicità diffusi tra la popolazione. La qualità della vita è del tutto compromessa. Quello che sembra cosí lontano è piú vicino di quanto si creda. In Italia si muore a Taranto, nella terra dei fuochi e per l'amianto e chissà per quante altre cose ancora. Non si può continuare a pensare che basta limitare il consumo dell'acqua e fare la differenziata. I governi devono mettere in atto tutte le azioni possibili per ridurre da subito le emissioni. Sono anni che la scienza studia e propone rimedi, i governi devono imparare ad ascoltare'.
Valeria e Linda, 13 anni: 'Come molti ragazzi oggi siamo qui per parlare e farci sentire. I rapporti sui cambiamenti climatici ci dicono che nel 2050 avremo uragani devastanti, innalzamento del livello dei mari ed estati caldissime. Ma non solo, ci saranno emigrazioni di massa dalle aree del pianeta diventate invivibili alle quali, i paesi climaticamente più fortunati, non potranno più opporsi. Il futuro del pianeta è in mano ai politici di oggi, che con la loro indifferenza stanno portando al collasso il mondo di domani. A pagarne le conseguenze fra 50 anni non saranno loro ma noi che più volte siamo stati considerati bamboccioni, ignoranti e incapaci. Non ci sottovalutate'.

- Creato 28 Febbraio 2019
Corpo, arte e disabilità: il progetto ASL-Unisalento per andare oltre le barriere
L’iniziativa è curata dal Gruppo di Lavoro di “Abbattitabù”, che è un progetto nato all’interno di un
Protocollo d'Intesa tra l'Università del Salento e l'ASL Lecce, con l'obiettivo fondamentale di rispondere
alla responsabilità sociale dell'informazione e della prevenzione.
LECCE - “Corpo, Arte e Disabilità”: un progetto per andare (artisticamente) oltre le barriere. Si parte il 4 marzo prossimo con il primo dei cinque appuntamenti che, sino a giugno, permetteranno agli studenti universitari di misurarsi con il proprio corpo e la disabilità attraverso l’arte.
L’iniziativa è curata dal Gruppo di Lavoro di “Abbattitabù”, che è un progetto nato all’interno di un Protocollo d'Intesa tra l'Università del Salento e l'ASL Lecce, con l'obiettivo fondamentale di rispondere alla responsabilità sociale dell'informazione e della prevenzione, mettendo al centro dell'attenzione le persone con disabilità nelle varie dimensioni dello studio, del lavoro, del tempo libero, dell'affettività e della sessualità.
Il gruppo di lavoro è composto dagli esperti del Servizio di Consulenza Sessuologica alle Persone Disabili del Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitazione dell'ASL Lecce, diretto dal dott. Antonio Antonaci (vi partecipano lo psicoterapeuta Ferruccio Pascali, la sociologa Patrizia Primiceri e il consulente sessuologo Massimo Vergari), dalla responsabile dell'Ufficio Integrazione Disabili dell'Università del Salento Paola Martino, dagli studenti e giovani laureati peer educator (educatori alla pari) della stessa Università e dalle volontarie del Servizio Civile.
La relazione con sé e gli altri, giovani studenti ed esperti-artisti, sarà dunque lo spazio in cui aprire una profonda riflessione in grado di abbattere tabù vecchi e nuovi, a partire da quelli legati alla sessualità, obiettivo che attraversa per intero il percorso di “Abbattitabù”. Sarà sperimentata una sorta di arte-terapia di gruppo grazie alla grafica, al canto, alla fotografia, alla scultura e alla poesia.
Scopo del progetto è, quindi, aiutare gli studenti con disabilità e senza disabilità a riflettere su se stessi, sul loro corpo e sui messaggi che esso rimanda, sulle difficoltà dell’affettività in un corpo diverso, sui sentimenti e le parole per esprimerli.
Mauro Marino (operatore culturale), Valentina D’Andrea (illustratrice e scenografa), Bruno Maggio (ceramista e scultore) e Tyna Maria Casalini (compositrice Christian/Gospel e musicarterapeuta) sono i professionisti che offriranno gratuitamente le loro competenze per animare i laboratori del progetto.
Negli incontri con gli esperti, i partecipanti lavoreranno su queste tematiche e produrranno un ”risultato” comune che sarà poi condiviso nell’evento finale del 12 giugno, che si svolgerà, come gli altri appuntamenti, negli spazi universitari dell’edificio 6 Studium 2000 in via di Valesio a Lecce.
Destinatari del progetto
Studenti dell’Università del Salento
Sede di svolgimento
Ufficio Integrazione Disabili – edificio 6 Studium 2000 – via di Valesio - Lecce
Modalità di svolgimento
Si prevedono almeno 5 incontri di circa 2/3 ore ciascuno (nel periodo marzo – giugno) con il coinvolgimento di esperti esterni con la supervisione del gruppo di lavoro del progetto Abbattitabù. Il lavoro svolto nei laboratori sarà poi sintetizzato in un incontro finale nel mese di giugno, in occasione del quarto anniversario della scomparsa del prof. Gino Santoro, presso la sede dell’Ufficio Integrazione Disabili.
Per la modalità laboratoriale sono previsti minimo 10, massimo 15 partecipanti.
Risorse
Gruppo di lavoro del progetto Abbattitabù
Esperti esterni:
Tyna Casalini - compositrice Christian/Gospel e MusicArTerapeuta
Valentina D’Andrea – illustratrice, scenografa
Bruno Maggio – ceramista, scultore
Mauro Marino – operatore culturale
Calendario eventi
Lunedì 4 marzo – ore 16.00 – 18.30: esperto Mauro Marino
Lunedì 25 marzo – ore 16.00 – 18.30: esperta Valentina D’Andrea
Lunedì 8 aprile - ore 16.00 – 18.30: esperto Bruno Maggio
Lunedì 13 maggio – ore 16.00 – 18.30: esperta Tyna Casalini
Lunedì 3 giugno – ore 16.00 – 18.30: esperta Tyna Casalini
Lunedì 10 giugno “prova generale” – ore 16.00 – 18.30: esperta Tyna Casalini più tutti gli altri esperti
Mercoledì 12 giugno – ore 17.00 Evento finale
- Creato 15 Febbraio 2019
NARDO', IL COMUNE AL FIANCO DEL “MOCCIA”, NO A UN ALTRO ALBERGHIERO A GALLIPOLI
IL COMUNE AL FIANCO DEL “MOCCIA”, NO A UN ALTRO ALBERGHIERO A GALLIPOLI
L’amministrazione comunale ricorrerà al Tar contro l’attivazione dell’indirizzo
NARDO' (Lecce) - L’amministrazione comunale a sostegno della battaglia dell’istituto “Moccia” contro l’attivazione a Gallipoli di un altro indirizzo di studi “Enogastronomia e ospitalità alberghiera”. Anche il Comune di Nardò, infatti, ricorrerà al Tar con i Comuni di Ugento e Casarano e con gli istituti “Bottazzi” di Casarano e “Moccia” di Nardò, contro la delibera di Giunta regionale n. 2468 del 21 dicembre che prevede proprio l’attivazione dell’indirizzo di studi presso l’istituto “Vespucci” di Gallipoli.
La vicenda prende le mosse con la delibera n. 74 del 23 novembre scorso con la quale il Consiglio della Provincia di Lecce ha proposto alla Regione Puglia l’attivazione dell’indirizzo di studi presso l’istituto gallipolino, che la Regione ha accolto approvando, appunto con la delibera del 21 dicembre, il “Piano regionale di dimensionamento della rete scolastica e programmazione dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2019/2020”. Una prospettiva che i ricorrenti al Tar ritengono in contrasto con l’equa distribuzione territoriale dell’offerta formativa nel settore alberghiero in provincia di Lecce, che conta già cinque presìdi dello stesso tipo (Lecce, Otranto, Santa Cesarea Terme, Nardò e Ugento), e con elementari principi di buona amministrazione, visto che Gallipoli dista appena venti chilometri da Ugento (sede coordinata dell’istituto “Bottazzi” di Casarano) e dodici da Nardò. In sostanza, l’attivazione di un indirizzo di studi “fotocopia” a Gallipoli inciderebbe pesantemente sulla frequenza degli istituti di Ugento e Nardò e metterebbe a rischio la sopravvivenza degli stessi, che oggi contano rispettivamente 478 e 627 studenti. Peraltro, l’istituto “Moccia” è inserito nei piani regionali di edilizia scolastica, è avviato a un programma di completamento strutturale ed è il perno di un sistema collaudato di accordi e convenzioni con il territorio mediante i quali i laboratori della scuola vengono utilizzati anche da altri soggetti.
“Abbiamo affrontato la questione con la dirigenza scolastica del “Moccia” - spiega l’assessore all’Istruzione Maria Grazia Sodero - e abbiamo convenuto che una battaglia a difesa dell’istituto è sacrosanta. Non c’è una sola ragione tecnica e di buon senso che conforta l’attivazione a Gallipoli di un altro indirizzo “alberghiero”. Tre scuole “fotocopia” in appena trenta chilometri su un territorio in cui ne esistono già cinque, sono davvero una prospettiva senza senso. È evidente che il “Moccia”, così come il “Bottazzi”, rischierebbero di veder compromessa la propria ragion d’essere. Comunque, mentre noi lavoravamo in silenzio, ma con atti e fatti concreti, i soli noti - tifosi delle sciagure - strumentalizzavano anche questa vicenda, accusando l’amministrazione comunale di immobilismo e avendo cura di passare lontanissimi da qualche misera proposta di soluzione al problema. Per non correre il rischio ovviamente di essere di una qualche utilità a Nardò e ai neretini”.

- Creato 25 Febbraio 2019
Contrastare le delocalizzazioni, IV Commissione approva la proposta Bozzetti (M5S): “Tuteliamo le aziende che non scappano all’estero”
“La proposta approvata oggi è fondamentale per tutelare posti di lavoro e le aziende che tra mille sacrifici continuano a restare in Puglia e a non delocalizzare la produzione."
BARI - Approvata all’unanimità in IV Commissione la proposta di legge del M5S a prima firma del consigliere Gianluca Bozzetti “Norme in materia di contrasto alle delocalizzazioni produttive”.
“La proposta approvata oggi - continua Bozzetti - è fondamentale per tutelare posti di lavoro e le aziende che tra mille sacrifici continuano a restare in Puglia e a non delocalizzare la produzione. È notizia di questi giorni la delocalizzazione in Polonia di aziende dell’aeronautica e dell’aerospazio che hanno ricevuto contributi regionali per creare occupazione nel brindisino. Si tratta solo della punta dell’iceberg di un fenomeno ormai troppo diffuso a cui si deve porre un freno, come sta facendo il Governo nazionale. Per questo ringrazio i colleghi della IV Commissione per aver approvato all’unanimità la proposta di legge. Non è più accettabile assistere ai drammi sociali e occupazionali causati da queste aziende”.
La proposta prevede, da un lato, di recuperare i finanziamenti erogati alle imprese che decidono di delocalizzare all’estero la produzione a meno di 5 anni dal percepimento di fondi regionali e dall’altro lato vuole favorire nuove possibilità di occupazione per tutti quei lavoratori che, proprio a causa di questo meccanismo, rimangono senza lavoro.
“Pensiamo ad esempio - continua il pentastellato - alla possibilità di ricorrere ad accordi di programma per la reindustrializzazione e la riconversione economica dei territori promuovendo il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione d’impresa, anche in forma cooperativa. La propostastabilisce anche la realizzazione del monitoraggio dello stato di salute e dei piani industriali di tutte le imprese che beneficiano di contributi regionali.
Gli aiutidelle istituzionisono fondamentali per lo sviluppo delle imprese, ma - conclude - devono essere utilizzati da imprenditori seri per creare posti di lavoro duraturi e non da qualche furbetto che scappa appena può”.

- Creato 30 Novembre -0001
10 FEBBRAIO: IN RICORDO DELLE VITTIME DELLE FOIBE E DELL'ESODO ISTRIANO
Una ricorrenza, il 10 febbraio di ogni anno, per non dimenticare una delle pagine più buie della nostra storia recente, pagine che non possono essere cancellate, ancorchè il ricordo provochi turbamento, dolore e vergogna.
Ventimila, forse trentamila persone, nel periodo settembre 1943 febbraio 1947, furono torturate e uccise a Trieste e nell’Istria controllata dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito. E, in gran parte, vennero infoibate, ossia gettate - molte ancora vive - dentro le voragini naturali disseminate sull’altipiano del Carso, le “foibe”.
A sessant’anni di distanza, la Repubblica italiana, con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, ha riconosciuto il 10 febbraio “Giorno del ricordo”, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli Istriani, dei Fiumani e dei Dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
Questi drammatici avvenimenti devono essere radicati nella nostra memoria, ricordati e spiegati alle nuove generazioni.
La celebrazione del giorno del ricordo rappresenta certamente l'occasione "per conoscere e per capire": la conoscenza e la comprensione, infatti, sono le basi da cui partire per "sentirsi integralmente cittadini". E’ stato giustamente detto che “il Giorno del ricordo, per le vittime delle foibe, è un atto di civiltà, un segno della crescita culturale e politica del nostro Paese".
Una ricorrenza, pertanto, il 10 febbraio di ogni anno, per non dimenticare una delle pagine più buie della nostra storia recente, pagine che non possono essere cancellate, ancorchè il ricordo provochi turbamento, dolore e vergogna.
"Ci sono diversi modi per contrastare una scomoda verità - ha scritto nel 2001 Paolo Sardos Albertini, della Lega Nazionale di Trieste -. Quello più facile ed immediato utilizza lo strumento del silenzio: per cancellare il ricordo di ciò che non deve essere ricordato, per impedire che i diretti testimoni parlino di ciò che sanno, per ottenere che gli altri, specie le giovani generazioni, vengano a conoscere quanto accaduto. Il peso di questa condanna, del "silenzio storico", ha gravato per quasi mezzo secolo su una fetta di storia d'Italia".
Ed una delle tante pagine non scritte della nostra storia recente è l'Esodo di 350 mila fiumani, istriani e dalmati che, alla fine della seconda guerra mondiale, mentre tutta l'Italia veniva liberata dall'occupazione nazista, dovettero scappare ed abbandonare la loro terra, le loro case, il lavoro, gli amici e gli affetti, incalzati dalle bande armate juogoslave, e si riversarono in Italia con tutti i mezzi possibili: vecchi piroscafi, carri agricoli, barche, treni di fortuna, macchine sgangherate, a nuoto e a piedi.
Una fuga per restare italiani, una reazione alla violenta naturalizzazione voluta dai partigiani slavi.
Come è giusto ricordare gli orrori dei lager nazisti, così è bene rendere testimonianza di atrocità di analoga gravità, in altri contesti e per responsabilità diverse, di qualsiasi regime, dittatoriale o autoritario, di qualunque epoca.
Gulag, lager, foibe, sono tutti luoghi che l’umanità deve riuscire ad esorcizzare, affinchè non si ripeta, in nessuna parte del mondo, ciò che è successo nel Novecento.
Soprattutto le giovani generazioni che, fortunatamente, non hanno avuto la sventura di dover vivere direttamente, sulla propria pelle, situazioni di indicibile ferocia e disumanità, devono essere aiutate a coltivare quei valori, di libertà, rispetto, tolleranza, che sono decisivi per contribuire alla costruzione di una "identità europea consapevole delle tragedie del passato".
Celebrare la Giornata del Ricordo significa, dunque, - come affermato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella - "rivivere una grande tragedia italiana ... Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente, perché tra le vittime italiane vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni".
Angelo Losavio